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ARCHIVIO ANNI '70 (IV)
Dematerializzare l'arte
di Daniela Lancioni
Nel 1964 usciva negli Stati Uniti il libro di Susan Sontag Against interpretation: una raccolta di testi in prevalenza di critica letteraria, che ebbe larga diffusione tra i critici d'arte. Nell'introduzione vi si legge un attacco alla pratica interpretativa, nata, secondo l'autrice, nel periodo post-mitico a sostegno delle teorie religiose e con funzione conservatrice. Nell'osservare e nel commentare l'arte la scrittrice esortava a recuperare i sensi: «dobbiamo imparare a vedere di più, a udire di più, a sentire di più.». «Il fine», scriveva, «dovrebbe essere oggi quello di rendere l'opera d'arte e per analogia la nostra stessa esperienza più reali» ed auspicava da parte della critica l'adozione di un vocabolario più descrittivo che prescrittivo. L'invito ad osservare l'opera d'arte nel suo aspetto reale, rispettandone l'unicità e rilevandone in prima istanza i dati riscontrabili veniva contemporaneamente formulato da quegli storici dell'arte cui si deve lo smantellamento del concetto di stile. James S. Ackerman che sottolineò l'autonomia della singola opera d'arte, svincolandola dal processo evoluzionistico degli stili storici. Ernest H. Gombrich che scartò ogni uso normativo del concetto di stile a favore dello studio di atti e manufatti, preferendo metodi puramente descrittivi a quelli che implicavano giudizi di valore. George Kubler che propose di limitare il concetto di stile alla descrizione di situazioni sincroniche e senza durata, fondando le sue teorie su quelle del linguista Stephen Ullman, che aveva posto il concetto di scelta a fondamento dell'espressione artisica. Gli americani John Chandler e Lucy Lippard in un testo del 1968 sperimentarono criteri che possono definirsi non interpretativi, descrivendo le dinamiche di una serie di lavori che appartenevano ad un determinato campo dell'operato artistico. Pur essendo già diffuso il termine «concettuale» preferirono raccogliere le opere intorno a caratteristiche processuali e fisiche, facendo riferimento a queste ultime nel titolare il saggio The Dematerialization of Art . L'adesione ai dati reali e l'attitudine alla «spersonalizzazione» che Lucy Lippard aveva riscontrato nelle opere della pop art, cui aveva appena dedicato un libro, le furono di aiuto nella pratica dell'osservazione e nel compito descrittivo, consentendole di aderire con una nuova metodologia critica a lavori realizzati con materiali e tecniche disparati, costituiti da azioni, portatori di logiche autonome ed arbitrarie. La grande varietà di elementi che caratterizzò i lavori di molti artisti dopo la metà degli anni Sessanta ed il prevalente abbandono del fare manuale avevano condotto ad una assoluta atomizzazione stilistica, facendo coincidere l'operato dei contemporanei con le teorie degli storici dell'arte: nessuna coerenza di stile sintetizzava lo spirito dell'epoca ed espressioni artistiche erano la dispersione di gas di Robert Barry, i testi scritti di Art & Language, le installazioni di Joseph Kosuth o la carboniera e i cavalli vivi di Jannis Kounellis. Altri fattori portarono ad incrementare l'approccio descrittivo all'opera d'arte: molti lavori - le azioni, alcune istallazioni, le opere realizzate in territori non abitati - sopravvivevano alla loro genesi unicamente attraverso la documentazione. Quest'ultima acquistava spesso la valenza di opera d'arte: i video realizzati dal filmaker Gerry Schum in collaborazione con gli artisti, le mappe di Richard Long o di Hamish Fulton, i "Variable pieces" o i "Duration pieces" di Douglas Huebler, le "Correzioni di prospettiva" di Jan Dibbets, "Rovesciare i propri occhi" di Giuseppe Penone, "Odio" di Gilberto Zorio che esponeva le foto dell'azione insieme allo strumento in essa utilizzato, come faceva anche Helmut Shoeber, le registrazioni di Jan Wilson o i monologhi di Vincenzo Agnetti conservati su nastro magnetico. Klaus Honnef coniò l'epiteto di «oggetto-postale» per definire un'arte che si concretizzava nei veicoli dell'informazione, invece che in soluzioni formali. A volte un'immagine o un oggetto non potevano prescindere dal testo dell'artista che li accompagnava: le note redatte da Sol LeWitt, le didascalie di Luciano Fabro, le considerazioni di Giulio Paolini. Molte espressioni artistiche veicolavano su carta: da progetto, fotografica, da lettere o quella tradizionale da disegno. Il foglio di carta per le sue caratteristiche - storicamente destinato ad accogliere l'idea, materialmente poco ingombrante, strumento d'uso comune e, quindi, campo accessibile per note, appunti, schizzi provenienti da contesti diversi - venne anteposto all'oggetto artistico, considerato espressione incongrua del pensiero ed ambiguo feticcio di poteri economici. Nel dicembre del 1966 alla Visual Arts Gallery di New York Mel Bochner organizzò la mostra "Working Drawings and Other Visible Things on Paper Not Neccesarily Meant to be viewed as Art", dove gli artisti invitati esposero su basi, convenzionali sostegni di opere d'arte, fogli di carta e xerocopie con disegni, appunti, progetti. A New York nel 1968 Seth Siegelaub e John Wendler editarono una raccolta di xerocopie, costituite da opere d'arte appositamente realizzate per essere pubblicate in forma di libro. Il libro assurse ad oggetto emblematico per gli artisti che auspicavano la fruizione mentale dell'opera d'arte, ma anche per coloro che erano contrari alla specializzazione e operavano nel confronto tra arte ed altre discipline, in alcuni casi venne utilizzato per mettere in relazione i gesti del presente con la cultura del passato. I libri di On Kawara, Alighiero e Boetti, Lawrence Weiner e di molti altri. Nel 1967 Joseph Kosuth organizzò per il Normal Museum of Art di New York la mostra "15 People present Their Favorite Books". Jannis Kounellis pubblicò la copertina della Repubblica di Platone nel catalogo della mostra "Appunti per una tesi sul concetto di citazione e di sovrapposizione" che si tenne alla galleria Gap di Roma nel 1972. Nel 1969 il libro, su iniziativa di Seth Siegelaub, si sostituì al rituale in crisi dell'esposizione di oggetti d'arte in galleria, proponendosi nei termini di una mostra: 5 - 31 January e March 1969 . L'opera, per quanto «dematerializzata» e facilmente riproducibile, non perdeva i suoi connotati giuridici. Seth Siegelaub partecipò nel 1970 ad una conferenza ad Halifax sull'arte concettuale insieme al suo avvocato portando il dibattito sui diritti di autore e, nel corso degli anni, studiò e promosse una serie di leggi per limitare l'uso arbitrario delle opere d'arte. Diffusa era la pratica di accompagnare i lavori con certificati di autentica, che in alcuni casi erano parte costitutiva dell'opera stessa. L'autocertificazione insieme all'analisi metalinguistica diffusa tra gli artisti contribuì ad esautorare la figura del critico, che scelse, in molti casi, la posizione di organizzatore culturale, privilegiando la funzione informativa . Lucy Lippard a partire dal 1969 intitolò una serie di mostre con il nome della città che le ospitava ed il numero dei suoi abitanti, dichiarandone l'intento documentativo. La prima, "Seattle 557.087", era accompagnata da un catalogo che consisteva nelle schede dei circa ottanta artisti partecipanti. In occasione della mostra "Information" al The Museum of Modern Art di New York, nel 1970, Kynaston L. McShine stampò il suo saggio nelle ultime pagine del catalogo, dove, ribadendo il concetto espresso nel titolo dell'esposizione, affermò di privilegiare l'informazione, specificando di non voler imporre definizioni estetiche al lavoro degli artisti. In Italia un comportamento alternativo alle sollecitazione degli artisti concettuali fu quello di Carla Lonzi. Avvertendo il disagio di esercitare la critica nei termini di un controllo repressivo sull'arte, rifiutando, quindi, di cimentarsi nell'interpretazione dell'opera e nel ruolo di mediatore tra questa ed il pubblico, spostò l'attenzione sull'artista e per coglierne ed esperirne l'autenticità indicò la via dell'intuizione. Dopo aver smantellato ogni possibilità critica, scelse il dialogo, accettando l'invito alla partecipazione che le sembrava provenisse dall'opera d'arte e pubblicò nel 1969 il libro Autoritratto costituito da un collage di conversazioni con gli artisti, trascritte, senza manipolazioni, così come erano state registrate. Pochi anni dopo, però, giudicò l'arte espressione del potere maschile e consacrò al femminismo la sua profonda e appassionata capacità di analisi. In Italia del tutto avverso alle tesi americane contrarie alla interpretazione fu Giulio Carlo Argan, che definì prive di rigore quelle esposte nel libro di Susan Sontag. Considerando gli atti umani frutto di volontà credeva necessario sottoporli a giudizio. Se, inoltre, il fatto artistico è reale, non interpretarlo significava per Argan rinunciare ad interpretare la realtà, ossia eliminare la storia e declinare l'impegno politico. Germano Celant che nel 1967 aveva riunito artisti diversi foggiando il concetto di Arte Povera, a partire dal 1970 dichiarò un diverso comportamento critico. Citando Susan Sontag sostenne l'esigenza di una «critica acritica»: «l'arte contemporanea» scrisse «in questo momento chiede di essere lasciata in pace, non vuole essere ridotta a parole o a letture critiche». Delineò la figura del critico come di colui che conserva e raccoglie l'arte, servendosi di strumenti che non ne stravolgano il senso: cinema, fotografia, libro, registratore, rivista: «critico quindi come archivista, come bibliotecario, come documentarista». Lamentando la carenza di «una vera opera conservativa del presente» e, mutuando dai suoi scritti precedenti la contestazione del sistema politico e sociale, definì la funzione critica nei termini di una lotta per la creazione di luoghi atti a raccogliere la documentazione e di strutture per la loro gestione. Conseguenza ne fu la nascita di Information documentation archives, un servizio di documentazione e informazione sull'arte e l'architetura contemporanee fondato a Genova nel giugno del 1970 e reso operativo a partire dall'ottobre dello stesso anno. La struttura si risolveva in realtà nell'attività di Germano Celant che ne era il curatore, ma significativa appariva l'impostazione metodologica, che prevedeva tre dipartimenti: teoria, informazione, organizzazione, che si occupavano rispettivamente della elaborazione di nuovi metodi operativi, della raccolta e della diffusione della documentazione sull'arte e della creazione di eventi da realizzare anche in collaborazione con altre istituzioni. Veniva raccolta la documentazione su un determinato novero di artisti, i cui nomi comparivano nei testi con i quali veniva divulgata l'iniziativa. Per alcuni si procedeva alla realizzazione di schede, mentre per altri - Manzoni, Merz, Kosuth, Kounellis, Prini, Paolini, Weiner, Fabro, Calzolari, Super Studio, Chiari, De Maria, Archizoom e Lo Savio - si raccoglieva il materiale per la stesura di cataloghi generali. La redazione dei cataloghi generali sull'opera degli artisti contemporanei, dal punto di vista metodologico, costituì un esempio di raccolta dati, esemplificato su modello delle classificazioni scientifiche e tendenzialmente privo di elaborazioni interpretative. I primi in Italia furono quelli redatti alla fine degli anni Cinquanta, ma il loro incremento si ebbe alla fine degli anni Sessanta e fu soprattutto nel corso degli anni Settanta che molti vennero pubblicati o messi in cantiere, per interesse, anche, delle gallerie. In alternativa alla gestione dell'arte da parte delle gallerie e per colmare il vuoto creato dalla latitanza delle istitituzioni pubbliche, nacquero a Roma nel 1970 gli Incontri Internazionali d'Arte, un'associazione culturale - segretario generale Graziella Lonardi Buontempo, presidente Alberto Moravia - che nel novembre del 1971 si costituì in Centro d'Informazione Alternativa, curato da Achille Bonito Oliva e coordinato da Bruno Corà. Intento dichiarato era quello di svolgere un doppio compito di informazione attiva e di documentazione: un'informazione diretta priva di mediazioni, che prevedeva l'organizzazione di eventi e la raccolta di documenti sugli artisti. L'attività del Centro fu intensa: nel corso degli anni Settanta, nella sede di Palazzo Taverna, si tennero esposizioni, dibattiti, conferenze ed agli Incontri Internazionali d'Arte si deve la realizzazione della mostra "Contemporanea", allestita nel Parcheggio di Villa Borghese a Roma tra il 1973 ed il 1974. Lo schema espositivo, adottato in prevalenza nelle mostre di Palazzo Taverna, con l'avvicendamento giornaliero degli artisti, oltre ad accogliere le istanze innovative di coloro che concepivano l'opera nei termini di una rappresentazione, esplicava una metodologia critica simile a quella adottata dal cartografo, che disegna l'area geografica cercando di trascrivere fedelmente i dati raccolti sul territorio. Il campo d'indagine, beninteso, era circoscritto, ma non sembra ci fosse bisogno di sintetizzarlo in immagini metaforiche o semplicemente riassuntive. L'intento è manifesto nei titoli di alcune rassegne come "Roma Mappa 72", ma anche nel fatto che molte rassegne non ebbero alcun titolo. In alcune opere d'arte, nel corso degli anni Settanta, comparvero l'organizzazione e lo schema di presentazione archivistico, atti ad un rivisitazione del passato in Giulio Paolini, ad assolvere indagini in ambito sociale in Christian Boltanski o per analizzare attraverso simulazioni i concetti di archivio, catalogo, museo, in Marcel Broodthaers. L'ultimo anello di questa serie di associazioni partite dalle istanze anti-interpretative della critica è la nascita degli archivi pubblici di arte contemporanea. Il Centro Documentazione Arti Visive di Roma venne costituito con deliberazione della Giunta Municipale nel 1979 e fu coordinato, nella fase iniziale, da Francesco Vincitorio, che ne era stato ispiratore e che tra il 1970 ed il 1971 aveva aperto sulle pagine della rivista NAC un ampio dibattito sulla necessità di istituire centri per la raccolta dei documenti sull'arte contemporanea, decentrati sul territorio italiano ed impostati su una criterio estensivo nella raccolta dei dati. Nel corso degli anni Ottanta venne istituito in Italia il Coordinamento Nazionale degli Archivi di Arte Contemporanea al quale aderirono tra gli altri, oltre a quello romano, il Centro di Informazione e Documentazione Arti Visive di Prato, il Centro Arti Visive di Villa Croce a Genova, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, la Fondazione Bevilacqua La Masa ed il centro istituito presso la Galleria d'Arte Moderna di Bologna.
James S. Ackerman, A Theory of Style , "The Journal of Aesthetics and Art Criticism", primavera 1962; Giulio Carlo Argan, Funzione e difficoltà della critica , in AAVV, Critica in atto, Roma Incontri Internazionli d'Arte 1973; Germano Celant, Per una critica acritica, "NAC", Milano ottobre 1970; Germano Celant, Information documentation archives. Senza titolo , "Domus", Milano marzo 1971; Germano Celant, Documentation information archives, in AAVV, Critica in atto, op. cit.; John Chandler - Lucy Lippard, The Dematerialization of Art , "Art International", Lugano febbraio 1968, tr. it. in Germano Celant, Precronistoria , Firenze Centro Di 1976; Ernest H. J. Gombrich, Style in International Encyclopedia of Social Sciences, vol. 15, 1968; Klaus Honnef, Conceptual Art, "Kunst Bullettin", aprile 1972, tr. it. in AAVV, Critica in atto , op. cit.; Incontri Internazionali d'Arte - Centro d'Informazione Alternativa, a cura di, fogli non rilegati, stampati tra il 1971 ed il 1978, con gli intenti programmatici dell'associazione; George Kubler, Style and Rapresentation of Historical Time, "Annales of the New York Academy of Sciences", vol. 138, New York 1967; Lucy Lippard, Pop Art, London Thames and Hudson 1966, tr. it. Milano Gabriele Mazzotta 1967; Carla Lonzi, Autoritratto, Bari De Donato 1969; Carla Lonzi, La critica è potere , "NAC", Milano dicembre 1970; Seth Siegelaub - John W. Wendler, a cura di, Carl Andre, Robert Barry, Douglas Huebler, Joseph Kosuth, Sol LeWitt, Robert Morris, Lawrence Weiner , New York Siegelaub-Wendler 1968; Seth Siegelaub, a cura di, 5 - 31 January , New York Siegelaub 1969; Seth Siegelaub, a cura di, March 1969 , New York Siegelaub 1969; Susan Sontag, Against Interpretation , University of California, 1964; tr. it. Milano, Mondadori, 1967.
Ho ricevuto lo spunto per riordinare i dati riportati nel testo, dalla mostra curata da Carolyn Christov Bakargiev e da Cesare Pietroiusi alla galleria Primo Piano di Roma, che consisteva nella presentazione di documenti sull'attività di alcuni artisti. Ringrazio Daniela De Angelis per alcuni dati sulle pubblicazioni dei cataloghi generali e Cinzia Salvi per le notizie sulla creazione degli archivi pubblici di arte contemporanea.